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Su Luigi Pirandello



SU LUIGI PIRANDELLO

di Riccardo Cazzulo

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Mi affascina Pirandello, oltre che come grandissimo autore nel panorama della letteratura italiana, anche come stimolo alla riflessione sulla maschera sociale nei percorsi di gruppo che propongo con lo stage di Biodanza “Dalla maschera allo smascheramento”, frutto dell’estensione in “Biodanza e Teatro Sociale”, oppure nei workshops di Teatro Biocentrico, Olodramma o TeatroDanzaTerapia per quali mi sono spesso ispirato a Pirandello per il titolo degli stessi (Il giuoco delle parti – Uno, nessuno e centomila) oltre che per i contenuti.

Queste sono solo alcune riflessioni e appunti.
Pirandello è da considerare l’autore più importante del teatro contemporaneo italiano e certamente il suo nome, insieme a quello della Commedia dell’Arte, sono i due riferimenti al teatro italiano più conosciuti al mondo.
Pirandello è probabilmente l'autore che meglio rappresenta il periodo che va dalla crisi successiva all'unità d'Italia fino all'avvento del fascismo. Pochi come lui ebbero coscienza del fallimento subito dagli ideali del Risorgimento e dei molteplici cambiamenti in atto nella società italiana.

I temi  principali  delle sue rappresentazioni non riguardano il mondo popolare ma si riferiscono alla condizione della piccola borghesia. I suoi  personaggi sono l’esempio del crollo dei valori della società borghese e da questa prospettiva Pirandello sviluppa una pungente critica di costume che, essendo egli stesso un appartenente alla piccola borghesia, finì per sottolinearne i dubbi e le sofferenze portandolo a considerarli come una condizione eterna per tutti gli esseri umani.
L’importanza di Pirandello va ricercata innanzitutto nella tendenza ad andare verso il nuovo attraverso l’utilizzo di una varietà di linguaggi come la letteratura, il teatro e anche il cinema entrando così a pieno titolo a far parte delle avanguardie del novecento. Dal futurismo portò nella letteratura drammatica, ad esempio, la simultaneità dei tempi in ambienti diversi considerata a quei tempi una vera e propria rivoluzione.

Secondo Maurizio Scaparro non è però possibile comprendere a pieno Pirandello se non si conosce il suo rapporto con l’umorismo,  quella sottile ironia attraverso la quale le sue opere e i suoi personaggi assumono significati completamente diversi da quelli che si potrebbero ipotizzare se letti in maniera seriosa.
Pirandello distingueva il senso dell’umorismo da quello del comico che avrebbe origine da ciò che definiva “il sentimento del contrario”.
A questo proposito chiarificatore è l’esempio che Pirandello riporta nei sui scritti sull’umorismo circa una vecchia signora.
Se ci trovassimo di fronte ad una vecchia signora “goffamente imbellettata e parata di abiti giovanili” sarebbe molto probabile che un osservatore si metterebbe a ridere avvertendo l’atteggiamento contrario di quello che una vecchia e rispettabile signora dovrebbe essere, fermandosi così a questa prima impressione comica.
Se però nell’osservatore intervenisse una riflessione tale da immaginare che in fondo quella vecchia signora non si diverta affatto a combinarsi in modo da assomigliare ad un pappagallo ma, pur soffrendone, cercasse di ingannare se stessa al punto di sperare che così conciata possa nascondere i segni del tempo trattenendo l’amore del marito, allora l’osservatore non potrebbe più ridere di lei nello stesso modo che avrebbe fatto dopo la prima impressione.
Secondo Pirandello è questo passaggio dall’avvertimento del contrario al sentimento del contrario che trasforma il comico in umoristico.

Nell’opera di Pirandello le relazioni tra letteratura, teatro e cinema sono fitte e si sovrappongono, un esempio emblematico ne è il “Fu Mattia Pascal”, romanzo rappresentato sia a teatro che al cinema.
Oltre che il  rapporto con l’umorismo di Pirandello è importante cogliere anche quello che intrattiene con la follia e con la finta follia, come nell’Enrico IV, che non potrebbe essere compreso se non attraverso una visione umoristica.

Pirandello fu contemporaneo di Freud e fu testimone della nascita della psicanalisi inoltre ebbe la moglie, Maria Antonietta Portulano, affetta da gravi problemi mentali e fu forse anche per questi motivi che si appassionò molto agli aspetti psicologici dei suoi personaggi in quello che si potrebbe definire un teatro introspettivo.
In Pirandello si assiste alla, in apparenza, paradossale visione secondo la quale la verità non esiste, essere ed apparire sono infondo la stessa cosa in quanto esiste solo ciò che si crede che esista, con la scoperta della contrapposizione tra ciò che si crede di essere e come invece in realtà si viene visti dagli altri.
Pertanto nei personaggi pirandelliani vengono evidenziati gli aspetti apparenti ma che per gli stessi sono l’unica forma di verità possibile.
L’individuo pirandelliano si scopre inadeguato ad affrontare la vita ritrovandosi isolato e sconfitto.

La scoperta dell’inconscio, con tutte le sue lacerazioni, e della disgregazione dell’io, con le conseguenti costruzioni mentali, provoca la perdita dell’illusione che la coscienza possa essere unica ed unitaria. La personalità dell’individuo diventa quindi una somma di finzioni (dal latino fingere = costruire) e quindi di maschere provvisorie indossate di volta in volta per sopravvivere.
Come spiega Graziella Corsinovi la maschera sociale diviene indispensabile per sopravvivere nella collettività attraverso la finzione del proprio ruolo. Per Pirandello tutta la vita è un teatro, una rappresentazione in cui gli uomini, maschere nude, agiscono sul palcoscenico del mondo con l’illusione di essere veramente se stessi mentre invece sono solo attori che interpretano parti finte e sempre diverse, ma trattasi anche di parti tutte vere in quanto rappresentano l’unica verità possibile in un dato momento.
Paradossalmente allora sarà vera anche l'equazione contraria rispetto al fatto che tutta la vita è un teatro e quindi questo teatro rappresenterebbe il mondo autentico, l'unica realtà esistenziale  veramente possibile alla quale l’individuo non può sottrarsi.

 Se la vita è una pupazzata, tanto vale recitarla consapevolmente. Pupi si, ma con la coscienza di esserlo, arricchendo con la pienezza dell’immaginario e del fantastico teatrale, il palcoscenico fragile e nudo dell’esistenza.

Un’altra anima di Pirandello è quella che Gramsci definiva nazionalpopolare, emblematica è l’opera Liolà, a dimostrarne la molteplicità di interessi.
Pirandello sviluppò inoltre la modalità scenica del teatro nel teatro, una sorta di meta teatro,  attraverso la quale viene definitivamente abbattuta la cosiddetta quarta parete fino ad allora invalicabile per l’attore e rappresentata dal pubblico.
Pirandello compose una trilogia del teatro nel teatro, comprendente Sei personaggi in cerca d'autore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo.

Come già detto Pirandello si occupò anche di cinema, interessante è citare il suo romanzo del 1913 dal titolo “Si gira…” e riveduto nel 1925 col titolo “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”.
In un momento in cui  la tradizione ottocentesca e il positivismo, esaltavano le macchine e la tecnologia  Pirandello polemizza nei confronti della macchina da presa, colpevole, ai suoi occhi, di mercificare la vita e la natura.
Nel 1929 esce un suo articolo sul Corriere della Sera dal titolo Se il film parlante abolirà il teatro affermando, in contrasto col titolo e con la polemica degli anni precedenti, che il cinema sonoro non solo non abolirà la letteratura ma ne rafforzerà il potere insieme a quello del teatro.
 
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